Cosa fare e vedere

Percorsi e luoghi di interesse nel territorio

Descrizione

IPOTESI DI UN PERCORSO

Si parte dal COLMELLO dove la strada si biforca lasciando a sinistra un’ OSTERIA dal sapore antico, oggi ristrutturata.
Si percorre un lungo tratto della strada Bassa (ora Via Monte Grappa) fiancheggiata da fossi irrigui alimentati dal fiume ZERO.
All’altezza di un’ottocentesca casa colonica restaurata, si gira a sinistra e si arriva ad un ponte di pietra sul fiume Zero (Via Zermanese), proprio qui, fino al 1800, funzionava un mulino.
Si gira a destra per Via Monte Berico che costeggia l’argine dello Zero. Attraverso una laterale, Via Monte Antelao, si arriva al PARCO DELLO ZERO.
Proseguendo su pista ciclabile, si ritorna in Via Monte Berico raggiungendo così Piazza IV Novembre dove si trova la CHIESA DI SAN GIORGIO.
Verso est per Via Molino si arriva al VECCHIO MULINO sullo Zero ormai ridotto a pochi ruderi. Si ritorna verso il centro girando a sinistra per Via Astori dove si trova il TEMPIETTO DI SAN GIUSEPPE. Si procede per Via Boschette e poi verso est, per Viale Trento e Trieste, fino al cavalcavia dove, prima dello stesso, si imbocca Via Fornace. Prima di arrivare al vecchio manufatto si gira a sinistra verso il CAMPO DI AVIAZIONE, risalente alla Prima Guerra Mondiale e del quale ben poco rimane, proseguendo oltre, è possibile osservare la FORNACE non più in attività, significativo esempio di archeologia industriale.
Si torna quindi per la strada appena percorsa si supera il cavalcavia per ritornare (via Matteotti) ancora nei pressi della Fornace, separata dalle proprie cave per l’estrazione dell’argilla dall’autostrada A4 VE-TS, per giungere quindi all’ OASI LIPU.
Dopo aver ammirato la bellezza di questo ambiente rinaturalizzato si ripercorre la via Matteotti e giunti all’incrocio si svolta a sinistra per Viale Don L. Sturzo (ex via Provinciale) e si prosegue fino ad incontrare la FERROVIA (costruita nel 1886) e poi fino al centro di SAN LIBERALE, ove si può osservarne la CHIESA dedicata al santo che da il nome al paese.
Si prosegue sulla via principale oltreil centro abitato, al bivio si tiene la sinistra e, percorrendo la vecchia strada provinciale che attraversa il POJAN, ci si dirige verso la località LE CRETE facendo una breve escursione fuori dal territorio comunale. Prima dell’ottocentesco ponte di ferro sul fiume Zero, si può ammirare sulla destra la CASCINA BARONE TREVES ora parzialmente in disuso, ma ancora ben conservata. Si prosegue per la vecchia via Provinciale fino all’incrocio e poi a destra, per riattraversare il fiume Zero sopra il grande ponte di nuova costruzione.
Qualche centinaio di metri più avanti, in direzione di San Liberale si svolta a sinistra in Via Pojanon fino a raggiungere l’incrocio con una stradina sterrata dove sostare davanti al CAPITELLO dedicato a MARIA REGINA DELLA PACE.
Ritornando in Viale Don Sturzo in direzione del centro di San Liberale, si svolta a sinistra in Via ZUCCARELLO.
Si percorre interamente questa via fino al PONTE ALTO sul fiume Dese, prima del quale, volendo, si può girare a sinistra per vedere, alla fine della strada sterrata, lIDROVORA ancora perfettamente funzionante e testimone di recenti bonifiche locali. Il profilo paesaggistico, segnato da canali e fossati, la mancanza quasi totale di alberi ad alto fusto e di antiche siepi, la presenza di case coloniche attualmente abbandonate e di due aziende agricole, contribuiscono a rendere il silenzio di questa campagna molto, molto eloquente. Il percorso potrebbe continuare oltre il confine comunale, percorrendo strade e stradine quasi deserte: cambia la competenza territoriale (Comune di Venezia), ma l’atmosfera del silenzio rimane la stessa, siamo ai margini della laguna di Venezia, queste sono terre strappate all’acqua.
Si ritorna quindi a San Liberale e in direzione Gaggio, si arriva, poco prima della ferrovia, all’intersezione con il PRAELLO; lo si percorre interamente fino al ponte sopra la Fossa Storta, prima del quale, a destra, è possibile fare una piccola e fresca incursione alle CAVE SUD del Praello. Si ritorna e si prosegue in direzione di Gaggio per Viale Don Sturzo; giunti all’incrocio si lascia il cimitero a destra e a sinistra si arriva nella piazza della frazione di Gaggio dove si può ammirare la bella chiesa di SAN BARTOLOMEO.


CAMPO AVIAZIONE

Marcon venne scelto come zona per l’insediamento di un campo di aviazione a partire dall’estate del 1917. In questa base trovarono sede numerose squadriglie. Importanti furono le azioni che partirono da questo campo, sia per scontri diretti con l’aviazione austriaca, sia per azioni di spionaggio. Restarono famose per l’eco suscitata, alcune imprese di Giannino Ancillotto di San Donà di Piave, uno degli assi dell’aviazione italiana nella grande guerra. L’ex aeroporto è attualmente in stato di abbandono e di degrado ed è praticamente impossibile poter visitare quanto rimane degli hangar, visibili però dalla strada che conduce alla fornace. L’Amministrazione Comunale sta valutando un intervento di recupero e salvaguardia.


FORNACE

L’estrazione dell’argilla per la produzione di laterizi era un’attività industriale abbastanza diffusa nelle nostre campagne, testimonianza della quale sono le tante vasche oggi riempite d’acqua presenti nel territorio. Qui a Marcon erano produttive, a fasi alterne, ben tre fornaci: due delle quali legate alle cave nord e sud. I documenti riportano anche notizie di un “fornasotto” localizzato in Poianon (loc. Malvolti) del quale però non rimane più traccia alcuna, ma che allora doveva essere abbastanza rilevante dal punto di vista economico del territorio.
Anche la fornace situata nei pressi dell’ex campo di aviazione, prima del 1903, era un “fornasotto”. Apparteneva in quegli anni a Tito Braida, uno dei più importanti imprenditori economici veneziani che aveva, oltre a tanti appezzamenti di terreno, anche una villa a Zerman. La canna fumaria (canora) e alcune parti dell’opificio molto ben conservate, risalgono proprio ai primissimi anni del ‘900.
La presenza e la mescolanza di così tanti elementi dall’archeologia industriale, alla storia della Grande Guerra (vedi aeroporto), dal fiume all’oasi LIPU, fanno di questo angolo del territorio di Marcon un “ipertesto naturale” dove la continua interazione tra uomo, ambiente ed eventi, ha tracciato la storia sociale ed economica di questa gente, considerazioni queste, che suggeriscono l’idea di un bellissimo percorso museale-ambientale.


I MULINI

Nel 1678 ben 8 erano i mulini lungo lo Zero di cui 2 erano a Marcon, uno all’altezza del ponte di via Zermanese di proprietà dei nobili Priuli e distrutto nell’ottocento. L’altro, quello di Bonisiolo, apparteneva alle suore di S. Caterina di Venezia, che lo tennero fino all’epoca napoleonica. Questo mulino funzionò fino al 1970 quando alcuni lavori deviarono il letto del fiume nell’attuale posizione e l’arte molitoria venne meno con le trasformazioni economiche. L’edificio un po’ alla volta entrò in decadenza e venne spogliato anche della “Piera di S. Marco” che la Repubblica Veneta aveva posto nel ‘700 come segnaletica delle caratteristiche del fiume.


TEMPIETTO DI SAN GIUSEPPE

Costruito nel 1694 dalla famiglia veneziana dei Valentini e passato in seguito per parentela, alla famiglia dei commercianti Astori. Unico resto con parti della barchessa, di una villa. Di forma quadrata con un piccolo presbiterio, all’esterno si presenta come un edificio dalle linee e dalle forme eleganti dello stile rococò. Grazioso il piccolo campanile a vela. All’interno vi è un unico altare in marmo dedicato al transito di San Giuseppe, rappresentato da una tela seicentesca del pittore Domenico Ruberti.


MUNICIPIO DI MARCON

E’ stato costruito nel 1949, dopo che nel novembre 1944 era andata bruciata la vecchia sede municipale di via Alta.
Negli anni è stato oggetto di lavori di ristrutturazione esterna ed interna.


IL CAMPANO’

L’elettrificazione delle campane delle chiese dei nostri paesi è un fatto ormai consolidato.
A Marcon però, dove il travolgente sviluppo di questi ultimi decenni ha sconvolto e mutato ogni spazio legato alla tradizione e alla manualità, le campane dell’arcipretale di San Giorgio vengono azionate ancor oggi a corda, come avveniva nei secoli passati.
Questo ha permesso di conservare una delle più antiche tradizioni dell’arte campanaria veneta, che qualcuno vuol far risalire al tempo del Patriarcato di Aquileia: il “campanò”, un particolare suono delle campane. Un suono di festa che si ripete soprattutto alla vigilia delle grande ricorrenze d’inizio estate come il Corpus Domini e la Sagra del Preziosissimo Sangue.
Il “campaner” sale sulla cella campanaria e azionando direttamente il battaglio a mano percuote ritmicamente il bronzo delle campane diffondendo una melodia composta di poche note, ma di grande suggestione. Il “campanò” di Marcon è stato registrato e pubblicato da E. Bellò (1994).


POIAN

Questo toponimo è l’unica testimonianza rimasta sul territorio dell’antica Povegliano Altinate che era sede fin dall’XI sec. di una pieve intitolata a San Cassiano. Questa chiesa era legata ad Altino e anche dopo le invasioni barbariche e il conseguente abbandono delle terre e l’impaludamento della zona, rimase con un suo sacerdote, che non sempre vi risiedeva, ora dipendente dalla chiesa di San Giorgio di Marcon, ora da San Bartolomeo di Gaggio. La situazione non doveva essere delle migliori se nel 1490, in occasione della visita pastorale, la pieve fu trovata in pessime condizioni e adibita a rimessaggio agricolo. Nel 1595 venne definitivamente legata alla parrocchia di Gaggio. La sorte dell’antica chiesa segue il corso della sua storia: i suoi resti sono raccolti nelle fondamenta della moderna chiesa di San Liberale.


CAPITELLO “MARIA REGINA DELLA PACE”

Benedetto il 20 settembre 1986, rappresenta motivo di orgoglio per gli abitanti della zona che lo considerano il coronamento di un antico sogno. Ricorda al passante l’antica pieve di Povegliano Altinate ora distrutta, ma anche la profonda fede degli antichi e nuovi abitanti di quelle zone.


ZUCCARELLO – IDROVORA

Dese, Zero e Fossa Storta sono i fiumi di risorgiva che, per ampio tratto corrono i limiti settentrionale, meridionale e orientale del Comune di Marcon. Questi corsi d’acqua sono caratterizzati da un percorso meandriforme e per ampi tratti pensile, da scarsa pendenza e da modesta velocità dell’acqua caratteristiche queste che concorrevano a impaludare le zone su cui scorrevano, rendendo malsano e poco ospitale tutto l’ambiente circostante. La Repubblica Veneta non intervenne mai per risanare il territorio pensando che la palude avrebbe salvaguardato Venezia dalle epidemie e dall’insabbiamento della laguna. Solo nell’800 gli amministratori del consorzio Dese su cui ricadeva la gestione idraulica del territorio, pensarono di coinvolgere i vari comuni della gronda lagunare in un piano di bonifica, che comprendeva tra gli altri anche quello di Marcon.
Un primo progetto era pronto nel 1889 ma si dovette attendere il 1925 con un progetto che suddivideva il territorio in 4 bacini (tra i quali quello del Zuccarello) e che prevedeva la costruzione di scoli per le acque attraverso i collettori; la costruzione di idrovore, abitazioni per i macchinisti, strade, impianti di irrigazione, pozzi artesiani e arginature dei fiumi. I lavori sul bacino di Marcon durarono 3 anni e comportarono la costruzione di opere principali come l’idrovora, la casa dei macchinisti e una fitta rete di scoli e fossati che da allora segnano la parte est del territorio e lo dividono in tre zone distinte di drenaggio delle acque; la più occidentale, a quota assoluta più elevata, è caratterizzata dallo scolo naturale delle acque; quella più orientale che smaltisce le acque, quando necessario, attraverso l’idrovora di Zuccarello e una piccola area, situata al centro e delimitata dalla Fossa d’Argine e dal Collettore Secondario, può, a seconda delle situazioni, scolare naturalmente o essere drenata meccanicamente. La bonifica comportò un notevole miglioramento della salubrità dell’ambiente e rese possibile lo sfruttamento del terreno attraverso aziende come quelle dei Malvolti, dei Marcello, dei Veronese già proprietari della palude.


PONTE ALTO

Sito alla fine di via Zuccarello, unisce i due argini del Dese che fanno da confine tra il Comune di Marcon e quello di Venezia, e fu teatro nel 27 Settembre del 1944 di un episodio sanguinoso tra fascisti e antifascisti.


PARCO DELLO ZERO

Il parco è di proprietà comunale ed è stato progettato e realizzato dopo il 1983. La vegetazione è costituita alberi e cespugli come aceri, querce, pioppi, platani, salici, pini, acacie. Vi è qualche prato a vegetazione spontanea; è attraversato da una stradina di sassi che congiunge i due ingressi. Il terreno è a tratti ondulato e un argine lo divide dal fiume Zero. Il parco è attrezzato di giochi, di percorso vita, di panchine e cestini. All’ingresso di via Monte Antelao a est, dove confina con il giardino della scuola materna parrocchiale e gli impianti sportivi della parrocchia, c’è la sede degli scout.


VIA ALTA – VIA BASSA

Costituiscono, assieme a Via Boschette, un riferimento visibile all’antico impianto della centuriazione romana nell’agro di Altino. Come via Alta deve il proprio nome al fatto di avere un tracciato più elevato rispetto ad un territorio facilmente soggetto alle esondazioni dello Zero, così via Bassa (ora via Monte Grappa) deve il proprio nome al fatto che “ad ogni scroscio di pioggia, diveniva impraticabile”.

Ultimo aggiornamento: 23/04/2024, 15:34

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